Suora inginocchiata in Myanmar, chi ha pubblicato la foto? Non il cardinal Bo, come si credeva

L’immagine era stata twittata da un profilo che faceva riferimento all’unico vescovo birmano nel conclave. Ma l’account è stato fatto chiudere dallo stesso cardinale perché abusivo

Il cardinale Charles Bo, arcivescovo dell’ex capitale birmana Yangon, ha fatto rimuovere l’account di Twitter che era aperto indebitamente a suo nome. Non è stato dunque il governo della giunta militare a oscurarlo. Bo stesso ha inviato una richiesta di rimozione al social network, come ha confermato la segreteria del Cardinale all’Agenzia Fides. Non è stato lui quindi a pubblicare lo scatto con la suora birmana inginocchiata che ha fatto il giro del mondo dopo il colpo di stato militare e le proteste che sono seguite.

Dall’entourage del presidente della federazione delle conferenze episcopali dell’Asia hanno fatto sapere che l’unico cardinale birmano nel conclave (clicca qui per sapere da chi è composto oggi) risiede a Yangon e non sta rilasciando dichiarazioni pubbliche, se non quelle ai fedeli nelle omelie. Nell’ultima il cardinale ha detto che “un nuovo Myanmar, una nazione senza conflitti è possibile se questa nazione si trasfigura nella gloria che merita. Rendiamo la pace il nostro destino, non il conflitto. Le armi sono inutili. Bisogna riarmarsi con la riconciliazione e il dialogo”. Il suggerimento dato dalla Conferenza episcopale cattolica a tutto il personale ecclesiastico è infatti quello di non essere coinvolti direttamente nella protesta di piazza. La Chiesa locale sta così cercando di fare da mediatrice. Anche Papa Francesco, nell’Angelus del 7 febbraio (qualche settimana prima di partire per l’Iraq), aveva chiesto “giustizia sociale e stabilità nazionale per un’armoniosa convivenza democratica” nell’ex colonia britannica.

Papa Francesco in Iraq, le 10 cose che non avete notato nel viaggio

Bergoglio ha ricevuto un premio giornalistico sull’aereo e ha fatto alzare in piedi ad accogliere un ospite per la prima volta l’ayatollah Al-Sistani (che vive in affitto). E la Ziqqurat di Ur dei Caldei ha brillato di notte: mai successo

Lo storico viaggio di Papa Francesco in Iraq si è concluso nella mattina di oggi, 8 marzo, con il volo partito dall’aeroporto di Baghdad. Nel libro della memoria del pianeta Terra resteranno certamente incisi la visita alla cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora della Salvezza” della Capitale dove nel 2010 morirono 48 cristiani a seguito di un attacco terroristico e l’incontro con la guida o ayatollah (“segno di Dio”, letteralmente) sciita Al-Sistani. Per non parlare della preghiera a suffragio (per alleggerire il peso dei peccati) delle vittime della guerra tra le macerie dell’ex capitale dello Stato Islamico Mosul. O ancora della visita a Qaraqosh di cui c’è una testimonianza nella foto in alto (di Paolo Rodari): la cancellata del sagrato della chiesa dell’Immacolata Concezione bucata dai colpi di proiettile in quanto l‘Isis la usava come poligono di tiro. Ma sono tanti i dettagli che hanno reso significativo questo viaggio. Eccone dieci.

  1. L’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio aveva organizzato dei momenti di preghiera per la pace in Iraq ed era scettico quando gli americani lo invasero,
  2. Il paese mediorientale che ha festeggiato per la prima volta il Natale nel 2020 è in lockdown fino a oggi, 8 marzo. Non solo per motivi sanitari. Lo ha confermato Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, una delle più antiche comunità cristiane fondata secondo la tradizione da San Tommaso (l’apostolo che mise il dito nel costato a Gesù risorto). Il cardinale ha infatti spiegato all’agenzia Sir della Conferenza episcopale italiana che il confinamento è “una misura anche per la sicurezza del pontefice dal momento che potrà viaggiare e circolare con più facilità”.
La carcassa dell’auto di Qasem Soleimani (clicca qui per sapere chi è) esposta a Baghdad/ foto di Gaja Pellegrini-Bettoli

3. Sul volo da Roma verso Baghdad, Papa Francesco ha ricevuto il premio “per la libertà di stampa e il pluralismo dell’informazione, per non dimenticare e promuovere la Pace”, dedicato alla memoria della giornalista del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, uccisa il 19 novembre 2001 sulla strada per Jalalabad (Afghanistan).

I promotori hanno sottolineato che “il Papa oggi è il il giornalista per eccellenza, il testimone del nostro tempo, che percorre le strade del mondo, per guardare l’altro negli occhi, per portare il suo esempio, la sua parola e per promuovere la pace. In questo tempo di pandemia percorre le vie più impervie e dolorose, come quella del 27 marzo da Piazza San Pietro (qui il video) ai piedi del Cristo Miracoloso, come quella di oggi verso l’Iraq”.

4. Il vicario di Cristo ha viaggiato per la prima volta su una macchina blindata, una Bmw 750. Ma ha più volte tirato fuori la mano dal finestrino per salutare gli iracheni che lo hanno accolto.

5. Le foto dei 48 siro-cattolici uccisi il 31 ottobre 2010 durante la celebrazione della Messa in un attacco terroristico dell’Isis alla cattedrale Nostra Signora della Salvezza di Baghdad. I due sacerdoti morti nello stesso attentato sono sepolti nella cripta. Nove anni dopo, il 31 ottobre 2019, si è chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione e dichiarazione di martirio di questi 48 “servi di Dio”. Dall’altare al sagrato (lo spazio davanti all’ingresso) è stata posizionata una lunga striscia di marmo rosso per ricordarli. Francesco ha incontrato in questo luogo di culto vescovi, preti, religiosi, seminaristi e catechisti.

6. L’ayatollah Al-Sistani, guida degli sciiti iracheni che ha incontrato il pontefice nella città santa di Najaf, vive in affitto.

7. Al-Sistani non si alza mai in piedi per andare incontro ai visitatori. Lo ha fatto con il primo pontefice ad incontrarlo (qui il video).

8. Bergoglio ha partecipato all’incontro con i rappresentanti delle altre religioni presso la Ziqqurat di Ur dei Caldei, la città del patriarca delle tre religioni monoteiste Abramo. E questo antico luogo di culto si è illuminato per la prima volta.

9. Prima volta anche per la celebrazione di un Papa in rito caldeo. Nella cattedrale di San Giuseppe a Baghdad Francesco ha celebrato nell’antico rito che ripercorre in ordine i gesti di Gesù. Infatti, lo scambio della pace – che fa riferimento al vangelo di Giovanni – è fatto all’inizio della Messa. La lingua della celebrazione? Il siriaco, derivato dall’aramaico di Gesù.

Il canto di benvenuto al pontefice in italiano

10. La canzone iniziale della Messa a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, è stata cantata in italiano da 200 bambini cui è stata insegnata da una suora. Lo stadio in cui si è tenuta la celebrazione è dedicato a Franso Hariri, ex governatore della città. Fu assassinato il 18 febbraio 2001 da quattro militanti di Ansar-al-Islam, un gruppo di musulmani sunniti salafiti (che dicono di rifarsi alle prime tre generazioni di musulmani dopo Maometto). Il figlio Fawzi Hariri è stato ministro dell’industria e dei minerali dell’Iraq.

TUTTI I DISCORSI DI FRANCESCO IN IRAQ:

CITAZIONE DEL GIORNO:

“La fiducia nell’altrui bontà non è lieve testimonianza della propria”

— Michel de Montaigne

Papa Francesco, in Iraq il 50esimo viaggio. Una sola meta raggiunta due volte: Cuba

Allo stesso punto del pontificato, Benedetto XVI era fermo a 25. Bergoglio non ha passato nessuna notte in Argentina, Regno Unito, Germania e Francia.

I viaggi di Papa Francesco sono racchiusi sulla cartina tra la Svezia e il suo Sudamerica. Quasi a metà tra queste due latitudini si trova l’Iraq che porterà l’elenco dei Paesi visitati (Italia esclusa) da Jorge Mario Bergoglio a quota cinquanta. L’unica destinazione vista due volte? Cuba. Mentre il suo predecessore Benedetto XVI aveva incontrato tre volte gli spagnoli e due volte i tedeschi.

America Latina – Francesco non è mai stato invece in Argentina (a differenza di Wojtyla e Ratzinger che si recarono subito in Polonia e in Germania) ma ha visitato ben sette Stati del continente da cui proviene. Dal Brasile alla Colombia, dal Cile all’Ecuador. Non hanno mai incontrato il pontefice nemmeno l’Uruguay, il Venezuela di Nicolás Maduro e pochi altri Paesi più piccoli.

La visita di una favela nel primo viaggio di Francesco in Brasile

Dove c’è crisi lì c’è il Papa – Fioccano invece i viaggi in alcuni snodi geopolitici importanti. Prima dell’Iraq, Francesco ha raggiunto Israele e Palestina, Armenia e Azerbaijan. E nel Medio Oriente non può mancare la Turchia. Il successore di Pietro si è spinto anche ai confini della Russia atterrando in Georgia. Tutte aree con forti tensioni. La stessa attenzione alle periferie è stata seguita per quanto riguarda l’Europa. No alla Germania del suo predecessore Benedetto XVI. Sì alle frontiere del Vecchio Continente: i paesi balcanici fuori dall’Unione Europea (Macedonia del Nord, Bosnia Erzegovina e Albania); le repubbliche baltiche, la Svezia, la Polonia, la Romania e la Bulgaria ai confini con la Russia ortodossa; la penisola iberica con Spagna e Portogallo. E poi i luoghi della crisi migratoria nel Mediterraneo: Lampedusa (al primo viaggio) e l’isola greca Lesbo.

Manca (solo) la Cina – Passando alla sponda meridionale del Mare Nostrum, Francesco è stato alle sue estremità: Egitto e Marocco. E tra gli otto Paesi africani visitati solo due non sono bagnati dall’Oceano: l’Uganda e la Repubblica Centrafricana, peraltro visitati insieme. Un po’ più a Est c’è la penisola araba: Bergoglio è stato l’unico pontefice ad andarci quando si è recato negli Emirati Arabi Uniti per firmare il documento sulla fratellanza umana con il Grande Imam di Al-Azhar. L’ex arcivescovo di Buenos Aires non ha invece (ancora) inaugurato i viaggi papali in Cina nonostante l’Accordo sulla nomina dei vescovi del 2018; ha tuttavia girato sette paesi asiatici che la circondano: dal Giappone alla Corea del Sud, dal Myanmar (Bergoglio è stato il primo Papa a visitarlo) alla Thailandia.

12 viaggi in comune con Benedetto – Il confronto con il suo predecessore è particolarmente significativo in quanto Francesco ha fin qui regnato solo un mese e cinque giorni più di Benedetto XVI (che però era più vecchio di tre anni quando è stato eletto). Joseph Ratzinger ha visitato 25 Paesi (la metà di Bergoglio), di cui 13 europei (due in meno del suo successore). 12 invece i luoghi visitati da entrambi i Papi.

CITAZIONE DEL GIORNO:

“Lo scopo della NATO è di tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi.”

— Attribuita a Lord Hismay, primo segretario generale

Legge aborto in Polonia, i vescovi Ue contro il federalismo europeo: “L’Unione agisca nei limiti delle sue competenze”

La Commissione episcopale del Vecchio Continente contro la risoluzione del Parlamento Europeo che difende l’aborto anche in caso di malformazioni del feto. I vescovi si avvicinano così alle posizioni della destra antifederalista

“Il rispetto dello Stato di diritto è essenziale per il funzionamento dell’Unione Europea. Ciò premesso, lo Stato di diritto richiede anche il rispetto delle pertinenze degli Stati membri e delle scelte da essi operate nell’esercizio delle loro esclusive competenze”. I vescovi del Vecchio Continente rispondono così agli eurodeputati che hanno condannato la Corte Costituzionale polacca. Il motivo? Una sentenza che restringe la possibilità di abortire nel Paese cattolico a est della Germania. Come sottolineato dalla citazione appena riportata, gli zucchetti paonazzo non si accontentano di una condanna della risoluzione del Parlamento di Strasburgo ma invitano l’Unione a non immischiarsi in materie che non sono direttamente nella sua competenza. Una scelta che rischia di incrinare il rapporto tra la Chiesa e il federalismo europeo. Soprattutto se questo scontro sarà esteso ad altri temi.

La sentenza della Corte – Il 22 ottobre la Corte costituzionale polacca ha dichiarato incostituzionale ogni tipo di aborto, eccetto le interruzioni di gravidanza chieste dalle donne vittime di incesto o stupro o quelle in cui la madre sia in pericolo di vita. Non si può quindi più abortire in caso di malformazioni gravi e letali del feto. La svolta nasce dal fatto che 14 membri su 15 della Corte sono stati scelti dalla Camera bassa del Parlamento polacca a partire dal 2015, quando il partito di destra Diritto e Giustizia (alleato a Bruxelles con Fratelli d’Italia) è andato al governo.

Centrodestra spaccato – Con una risoluzione del 26 novembre 2020 (la giornata internazionale contro la violenza sulle donne), il Parlamento Europeo ha condannato la sentenza con una risoluzione voluta da tutti i gruppi parlamentari, dall’estrema sinistra al Partito Popolare (rappresentato nel nostro Paese da Forza Italia). Non si sono uniti alla condanna Identità e Democrazia (in cui la Lega è il partito più importante) e i Conservatori e Riformisti Europei (presieduti da Giorgia Meloni). I partiti più a destra dell’arco politico si sono infatti schierati a favore del diritto alla vita dei bambini non nati. Questi gruppi hanno anche evidenziato il rischio di contagio dovuto alle proteste, soprattutto nelle città polacche, contro la sentenza.

Il reportage del giornale progressista The Guardian sulle proteste polacche

I vescovi: non citare lo Stato di diritto solo quando conviene – E qui arriviamo ai vescovi europei. La COMECE – Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea – è stata fondata nel 1980 e monitora l’attività dell’Unione Europea. A lungo presieduta dal cardinale progressista tedesco Reinhard Marx, è ora capeggiata dal più conservatore lussemburghese Jean-Claude Hollerich. I vescovi europei hanno condannato fermamente l’intervento del Parlamento Europeo. La loro nota è stata anche ripresa con grande risalto da Vatican News, il quotidiano ufficiale online della Santa Sede. Scrive la COMECE:

Da un punto di vista giuridico, vogliamo sottolineare che né la legislazione dell’Unione Europea, né la Convenzione Europea dei Diritti Umani (firmata nel 1950, ndr) prevedono un diritto all’aborto. La questione è di competenza dei sistemi giuridici degli Stati membri. Un principio fondamentale dell’Unione europea è il principio di attribuzione, in base al quale l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze a lei conferite dagli Stati membri nei trattati, per raggiungere gli obiettivi in essi stabiliti (articolo 5.2 del Trattato sull’Unione europea). Il rispetto rigoroso di questo principio è, a sua volta, un requisito dello Stato di diritto, uno dei valori fondamentali dell’Unione, sancito dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea. Come giustamente sottolinea la risoluzione del Parlamento, il rispetto dello Stato di diritto è essenziale per il funzionamento dell’Unione. Ciò premesso, lo Stato di diritto richiede anche il rispetto delle pertinenze degli Stati membri e delle scelte da essi operate nell’esercizio delle loro esclusive competenze.

Papa Francesco: “Stop a un certo laicismo” – Insomma, i vescovi europei sfruttano la difesa dello Stato di diritto da parte del Parlamento contro la Polonia, già oggetto di procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per presunte violazioni dell’autonomia dei giudici. E lo fanno per invitare la stessa Unione Europea a restare nelle sue competenze (va però sottolineato che le risoluzioni del Parlamento Europeo non sono una legge ma un atto politico: non compromettono le leggi polacche). Lo stesso Papa Francesco aveva così parlato dell’Europa in una lettera inviata al Segretario di Stato Pietro Parolin prima della sua partecipazione all’Assemblea della COMECE.

Sono finiti i tempi dei confessionalismi, ma si spera anche quello di un certo laicismo che chiude le porte verso gli altri e soprattutto verso Dio, poiché è evidente che una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza, non rispetta adeguatamente la persona umana

Gli altri motivi di tensione – C’è un’altra frase che chiarisce ancora meglio il sottotesto del messaggio che i vescovi del Vecchio Continente hanno spedito a Strasburgo e a Bruxelles: “Siamo preoccupati che il principio di non discriminazione (delle donne) possa essere usato per estendere o offuscare i limiti delle competenze dell’Unione europea“. Ad esempio, i vescovi deplorano l’accenno ai molti obiettori di coscienza in Polonia sottolineando che si tratta di “un’ingiusta stigmatizzazione“. Per non parlare della stoccata finale:

Abbiamo anche notato con amarezza che nel testo nessuna condanna o tantomeno solidarietà è stata espressa riguardo agli inaccettabili attacchi alle Chiese e ai luoghi di culto, avvenuti in Polonia nel contesto delle proteste legate a questa legge.

Sassoli, che fai? – La lettera si rivolge al presidente del Parlamento europeo David Sassoli.che nel suo curriculum vitae sottolinea di essere cresciuto nei “movimenti giovanili cattolici” e di “aver sempre ritenuto possibile una stretta collaborazione tra questi ultimi e i laici”. Su questi temi sembra però difficile raggiungerla, come dimostra il caso della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti di cui avevo parlato qui. Un’altra difficoltà può sorgere se questi “vade retro” rivolti all’Unione Europea dovessero tramutarsi in un’opposizione sempre più forte al federalismo. Questo porterebbe i vescovi ad una (ulteriore) convergenza con i Conservatori e Riformisti guidati da Giorgia Meloni.

P. S. Come i lettori avranno notato, ho interrotto per una settimana e mezza la pubblicazioni di articoli. Me ne scuso ma scrivo in questo blog nel mio tempo libero. Nella mia vita da lavoratore scrivo qui. Trovate invece un elenco dei miei articoli, video e podcast sui miei social.

Noi uomini siamo in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma sbalorditi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.

— Alessandro Manzoni

Papa Francesco in Iraq: sfida personale, religiosa e geopolitica. Ecco perché

Bergoglio potrebbe incontrare la guida degli sciiti iracheni rischiando però di compromettere i suoi rapporti con i sunniti. Sul tavolo anche il rientro Usa nell’accordo sul nucleare iraniano

Una sfida personale, religiosa e geopolitica. Parliamo del viaggio che Papa Francesco farà in Iraq a partire dal 5 marzo del 2021. La prima visita di un pontefice nel paese arriva a poco più di un anno dall’uccisione del generale Qasem Soleimani, avvenuta il 3 gennaio 2020. Jorge Mario Bergoglio porterà in primo luogo un messaggio ai cristiani della religione. Ma la sua visita avrà anche un significato religioso e geopolitico: potrebbe incontrare infatti Alī al-Husaynī al-Sīstānī, ayatollah iracheno e guida degli sciiti (una delle due grandi famiglie dell’Islam) del Paese. Un incontro che potrebbe fare da ponte con i sunniti o incrinare l’intesa del pontefice con le loro autorità religiose. Il viaggio è infine importante anche per i rapporti tra Iran e Stati Uniti, alla ricerca di un nuovo equilibrio dopo l’abbandono dell’accordo sul nucleare da parte dell’ex presidente Donald Trump.

Gli attentati a Baghdad – Come spiega Il Messaggero, Francesco arriverà in un Paese dove il clima è tesissimo e si attendono le elezioni che dovevano essere a giugno ma sono state fatte slittare ad ottobre. Il 21 gennaio ci sono stati due attentati al mercato di Baghdad – rivendicati dall’Isis – che hanno causato 32 morti e almeno 70 feriti. Il 28 gennaio invece un proiettile di mortaio è esploso nel governatorato iracheno di Najaf, una delle città che dovrebbe visitare il pontefice. Il patriarca di Babilonia Louis Rapahel Sako prova però a rassicurare: “Non ci sono rischi per la vita di Bergoglio“. La visita del vescovo di Roma ha come motto “Voi siete tutti fratelli”, una frase del Vangelo di Matteo che ricorda il titolo dell’ultima enciclica dell’ex arcivescovo di Buenos Aires.

Il logo dello storico viaggio: “Voi siete tutti fratelli. La visita di Papa Francesco in Iraq”

Sunniti o sciiti? Gli intenti di pacificazione devono però fare i conti con un Islam molto diviso tra la galassia dei sunniti che fanno riferimento all’Arabia Saudita (che da qualche mese ha migliorato i rapporti con Israele) e le forze politiche e militari guidate dallo sciita Iran. Come sottolinea Il Foglio infatti, “il punto centrale è valutare come l’abbraccio con al Sistani sarà interpretato dalla galassia sunnita che considera l’Islam sciita il male assoluto e un’eresia”. Dopo il documento sulla fratellanza umana firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con il grande imam (la guida spirituale) dell’università al-Azhar del Cairo, Francesco si è molto avvicinato al mondo sunnita ricevendo in visita in Vaticano lo stesso Ahmad al-Tayyeb. Ma il dialogo anche con gli sciiti potrebbe incrinare questo rapporto. O fare da ponte per un’ulteriore pacificazione.

La Giornata della Fratellanza Umana – Ad ulteriore testimonianza della rilevanza mondiale di questo legame con i musulmani sunniti, il Papa e l’iman di Al-Azhar parteciperanno oggi, 4 febbraio, alla celebrazione della prima Giornata Internazionale della Fratellanza Umanaistituita il 21 dicembre dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (rappresentate all’evento dal segretario generale Antònio Guteress). La celebrazione arriva proprio a due anni dalla firma del Documento sulla Fratellanza umana prima citato. Insomma, Francesco dimostra di saper incidere nella geopolitica mondiale, come avevo spiegato qui.

L’accordo sul nucleare iraniano – C’è un ulteriore significato che può essere dato al primo viaggio apostolico dopo la pandemia. Come ha ricordato il Segretario di Stato Pietro Parolin alla televisione cattolica francese Kto, la visita ha anche un valore geopolitico: è l’occasione per incoraggiare le riforme politiche e la stabilità del Paese. Soprattutto perché l’Iraq è stato uno dei terreni di scontro tra gli Stati Uniti e l’Iran: senza tornare all’assalto della milizia sciita di Hezbollah all’ambasciata Usa di Baghdad il 31 dicembre 2019, proprio nella capitale è stato ucciso quattro giorni dopo il generale Qasem Soleimani causando ulteriore tensione. L’amministrazione del secondo presidente cattolico Joe Biden (qui e qui trovate alcuni dettagli sulla sua fede e sui suoi rapporti con le gerarchie ecclesiastiche) sta preparandosi ad un duro negoziato per rientrare nell’accordo sul nucleare, firmato da Barack Obama nel 2015 e abbandonato unilateralmente da Donald Trump che accusava il paese sciita di aver violato lo “spirito” del patto. Ora l’Iran sta chiedendo agli Stati Uniti di fare un passo avanti e il Paese guidato da Biden ha ritirato la portaerei Nimitz dal golfo Persico: la mediazione del pontefice non sarà certamente sgradita al nuovo inquilino della Casa Bianca.